Il primo resoconto della miracolosa apparizione mariana risale al 1530, ed è costituito da una Memoria del santuario che, composta in tali anni, intende provare la veridicità dei fatti. In essa viene narrata la storia del presunto miracolo, basandosi sul racconto di tre testimoni – Nicheroso Parodi di Cesino, Bartolomeo Piccaluga di Morego, Francollo Verardo di Livellato – tutti all’epoca di età tra gli 85 e i 90 anni, i quali riferiscono di avere conosciuto di persona Benedetto Pareto e di conoscere con esattezza lo svolgersi dei fatti…
Tutto inizia il 29 agosto 1490. Benedetto Pareto, sposato e con due figli, Pasquale e Bartolomeo, contadino di Livellato in Valpolcevera, sopra Genova, porta al pascolo il suo gregge sulla vetta del monte Figogna, come fa ogni giorno. La cima del monte era una “comunaglia”, cioè terreno lasciato liberamente ai contadini delle comunità che potevano qui venire a fare il fieno, tagliare legna, ecc., e probabilmente vi si trovava una di quelle torri di guardia edificate per l’avvistamento dei nemici in mare, da cui il toponimo del santuario. Verso le 10 del mattino, mentre attendeva che la moglie gli portasse il pranzo – nella Val Polcevera di allora i contadini mangiavano a quell’ora –, vide una signora maestosa, dal viso bellissimo, i modi dolcissimi e l’aspetto splendido, che gli disse di essere la regina del cielo, precisando per rassicurarlo di essere Maria, la madre di Gesù, indicandogli poi il punto del monte dove costruire una cappella a lei dedicata. Poiché Pareto era povero, ella gli aveva promesso l’aiuto necessario. È in quella sua concreta quotidianità e nel suo ambiente di vita, che la Madonna gli si manifesta. Per Benedetto si tratta di un incontro straordinario e semplice al tempo stesso. Non si domanda tanto come sia possibile che gli appaia la Madonna ma piuttosto, di fronte alla evidenza, come sia possibile che la Madre di Dio appaia a lui, un contadino nascosto nella storia e in un luogo di periferia, e gli chieda di costruire una cappella. Maria lo rassicura e lo incoraggia. Benedetto trova una prima resistenza nella moglie, che lo mette di fronte alle sue responsabilità: «Tutti sanno che sei un uomo semplice, ora diranno che sei anche pazzo». Benedetto riflette e desiste. Poi però cade da un albero e si riduce in fin di vita. Ha appena ricevuto i sacramenti e Maria, sempre secondo i testimoni, gli appare nuovamente e lo risana. Di fronte al miracolo della guarigione inspiegabile, mentre i medici ne avevano diagnosticato la morte imminente, tutta la famiglia si unisce al compito di Benedetto: costruire!
Il primo manufatto di Benedetto crebbe e si moltiplicò. Sempre più fedeli salivano a quella che fin dalle origini fu chiamata la “Madonna della Guardia”, con tutti i mezzi di locomozione ma soprattutto a piedi: gli otto chilometri in salita che portano alla vetta divennero così un “pellegrinaggio”, su strada sterrata prima e asfaltata poi, che moltissimi facevano a piedi nudi. Per accogliere tutti si costruì un primo santuario, che tuttavia presto non bastò: così nel 1890 si edificò la Basilica attuale, frutto di un grande concorso di popolo, opera di fatica, con squadre di uomini da tutta la vallata e dalla città che prestavano giornate intere per portare in vetta materiali e costruire, e con sacerdoti dediti e innamorati, come don Francesco Montebruno, il prete con la tonaca bianca di calce, educatore di schiere di giovani sbandati, capomastro in odore di santità. Il lavoro fu lungo e paziente: la nuova basilica era già a buon punto quando si scoprì che il terreno cedeva. Fu demolita e rifatta. Tutto si fece perché Maria aveva chiesto una casa e perché tutti intuivano che sarebbe stata casa di tutti.